SOMALIA UN PAESE DIMENTICATO
1889 nasce la SOMALIA italiana che trova il suo definitivo assetto negli anni '20 .
1992 - dicembre. Inizia l'Operazione "RESTORE HOPE" , un'operazione militare voluta dalle Nazioni Unite e che ha coinvolto americani, francesi, belgi, canadesi, pakistani ed italiani per tentare di riaffermare i diritti umani a favore del popolo somalo ormai allo stremo.
Per gli italiani un ritorno in una terra amica dove agli inizi del '900 massiccia era la presenza italiana, rinnovata negli anni '50. Un ritorno alle soglie del 2000 che li porta a ripercorrere strade, terre, città , già note ai nostri nonni e ai nostri padri.
Un viaggio, però, che immediatamente ha qualcosa di irreale, di assurdo per quanto si presenta agli occhi del viandante in particolare se ricorda i contenuti dei libri di storia su quello che era stata la SOMALIA di pochi anni prima .
La capitale, Mogadiscio ridente cittadina affacciata sul mare , Johar isola verde che spicca improvvisamente dalla savana arida ed assolata. Itala, Chisimaio, solo un ricordo ormai non più connotabile. Tutto scomparso dove la devastazione incondizionata ha preso il posto delle graziose villette dai tenui colori pastello.
In quei giorni invece si vedono solo rovine ed un popolo affamato che si aggira fra quelle macerie, rovista fra i rifiuti ed è pronto ad uccidere per un pugno di riso. Un popolo che erra sbandato ma che guarda, però, sorridendo all'italiano ritornato, con occhi lucidi di gioia e che rispecchiano la speranza di poter essere aiutato.
Vedendo chi in divisa si aggira in quei giorni fra le strade di Mogadiscio e sulla via Imperiale all'ombra della Bandiera italiana, i giovani somali ricordano i racconti dei nonni. I vecchi somali avevano narrato degli italiani, ed ora i somali osservano incuriositi quei soldati e quei civili cercando di individuare in loro il riscontro del racconto dei nonni con la speranza di trovare i vecchi amici di un tempo.
Percorrere questa terra d'Africa in questo momento significa affrontare Un viaggio verso l'assurdo che offre al viandante incuriosito un paesaggio lunare, una terra che sembra disabitata da centinaia di anni e che evidenzia palesemente mille problemi, mille ansie. Una terra preistorica.
Nell'ambito delle culture africane la storia del popolo somalo assume dei connotati molto particolari. il somalo si distingue nettamente dagli altri popoli africani per la omogeneità delle tradizioni politiche, territoriali, culturali e linguistiche.
L'approccio dei somali nei tempi passati alla religione ed alle culture africane - a differenza invece di quanto sta avvenendo oggi - non ha avuto mai un carattere oltranzista, in particolare per quanto attiene all'interpretazione della religione islamica, sicuramente laica a differenza di quanto, ad esempio, poteva avvenire ed avviene in Sudan.
Il Corno d'Africa, di fatto, rappresenta un'eccezione rispetto alla maggior parte del Continente africano ed in particolare quel tratto di Costa Orientale che è la Somalia, dove fino a poco tempo fa non si sono mai constatati comportamenti radicali.
LA SOCIETA' AGRICOLA ITALO SOMALA
LA Società Agricola Italo Somala fu costituita a Milano dal Duca degli Abruzzi nel novembre del 1920 con un capitale di 24 milioni di lire del tempo, capitale immediatamente incrementato a 35 milioni con l'intervento dei maggiori Istituti di Credito .
Nel 1920 la S.A.I.S. ottenne dalla Somalia una concessione di circa 25.000 ha, in un territorio fertilissimo sulle due rive del fiume Uebi Scebeli , che con la sua perenne portata garantiva acqua a volontà.
Le favorevoli caratteristiche del fiume furono immediatamente sfruttate. Venne costruito un canale irriguo principale lungo 6 km e largo 450 m, da cui si diramavano canali secondari che raggiungevano le singole aziende. L'afflusso dell'acqua era regolato da una diga, da una stazione di pompaggio dell'acqua e da chiuse in sistema fra di loro. Le opere idrauliche, iniziate nel 1920 e ultimate nel 1923, comprendevano anche la sistemazione delle rive del fiume che furono rialzate per un tratto di 108 km .
Contemporaneamente fu avviata una bonifica agraria che trasformò in pochi anni una boscaglia riarsa per dieci mesi all'anno in una pianura lussureggiante, verdeggiante e coltivabile, attraversata da canali e strade. La S.A.I.S. era attraversata da una rete stradale interna di 148 km, ed una ferrovia Decauville lunga 46 km che serviva le varie aziende con la Direzione e la ferrovia per Afghoi - Mogadiscio. 35 km di linea telefonica assicuravano il collegamento fra le varie aziende e di tutta la struttura con la Direzione. Era anche funzionante un collegamento telegrafico e telefonico con l'Italia.
I lavori in terra necessari furono eseguiti con l'impiego di ruspe primitive di legno e ferro,, attrezzi trainati da zebù somali e da qualche trattore FIAT.
Il territorio della S.A.I.S. fu ripartito in sette aziende che nel 1930 erano tutte operative ed a pieno regime produttivo. Comprendevano orti, vivai, campi sperimentali con direzione e sorveglianza autonoma, dirette dagli italiani e dai somali. Gli appezzamenti di terreno erano assegnati a gruppi di famiglie somale che disponevano, anche, delle attrezzature necessarie per eseguire i lavori.
Ogni azienda si estendeva mediamente su 60-80 ha, tutte irrigate da un canale principale da cui si diramavano canali secondari che disegnavano il terreno in fasce rettangolari larghe ciascuna 100 m con una superficie media di 5-7 ha .
Per garantire agli impiegati italiani condizioni di vita accettabili in queste terre dal clima ostile, il Duca degli Abruzzi volle che ogni Capo Azienda, ogni capo operaio ed ogni gruppo di coltivatori possedesse una loro comoda abitazione in stile coloniale, che ospitavano presso il Villaggio le maestranze italiane e somale.
Le case erano modeste ma sane e comode, circondate da giardini e collegate da viali e strade asfaltate. Nel rispetto delle tradizioni locali fu eretta una moschea accanto alla chiesa cattolica e costruito uno spaccio occidentale a fianco del bazar somalo.
La conduzione delle terre era sviluppata applicando il criterio della mezzadria, forma che assicurava il maggiore rendimento ed era più confacente alla mentalità delle popolazioni locali. Ciascun somalo capofamiglia riceveva un ettaro di terreno già bonificato ed irrigato ed una casa. Solo il cotone veniva retribuito a parte in quanto esportato
L'organizzazione complessiva era completata con officine, posti manutenzione e magazzini di ricambi necessari ad assicurare il funzionamento delle attrezzature e degli opifici.
Il Duca degli Abruzzi non si limitò a strappare il terreno fertile alla boscaglia per renderlo coltivabile, ma volle anche insediamenti industriali per la trasformazione del prodotto agricolo. Furono realizzati : un oleificio, una distilleria , una fornace per la fabbricazione dei mattoni.
L'Oleificio copriva un'area di 1600 mq ed era provvisto di macchinari modernissimi. Nel 1925 aveva una capacità di produzione di 600 chilogrammi all'ora di semi oleosi quali il cotone, il ricino, il sesamo il girasole etc..
Nel 1926, fu costituita una consociata della S.A.I.S. : la Società Saccarifera Somala (S.S.S.). Questa nuova società, con un capitale di 3.200.000 e sotto la presidenza del Duca degli Abruzzi, dette vita ad uno zuccherificio per la trasformazione della canna da zucchero, costruito appena in un anno.
Un grandioso stabilimento, l'unico in tutta l'Africa Orientale, provvisto di moderni macchinari ed in grado di lavorare circa 3000 quintali di canna da zucchero al giorno.. Accanto allo zuccherificio una distilleria ed un laboratorio chimico per le analisi della canna e per il controllo dei prodotti durante la fase di lavorazione. L'alimentazione dei macchinari principali era assicurata dalla combustione dei gas naturali ricavati dalla fermentazione degli scarti della canna da zucchero e dei cereali lavorati.
Nulla fu lasciato al caso, nemmeno nel settore forestale. I diboscamenti necessari per ricavare terreno coltivabile non furono attuati "a tappeto", ma mirati e contenuti all'essenziale. In questo quadro furono realizzati anche parziali rimboschimenti, piantando lungo i canali migliaia di alberi di essenza, come acacie, bambù, tamarindi e gelsi.
Un esempio che, forse, ancorché adeguato ai tempi moderni, dovrebbe ornire spunti di meditazione.
La conduzione delle terre era sviluppata applicando il criterio della mezzadria, forma che assicurava il maggiore rendimento ed era più confacente alla mentalità delle popolazioni locali. Ciascun somalo capofamiglia riceveva un ettaro di terreno già bonificato ed irrigato ed una casa. Solo il cotone veniva retribuito a parte in quanto esportato
L'organizzazione complessiva era completata con officine, posti manutenzione e magazzini di ricambi necessari ad assicurare il funzionamento delle attrezzature e degli opifici.
Il Duca degli Abruzzi non si limitò a strappare il terreno fertile alla boscaglia per renderlo coltivabile, ma volle anche insediamenti industriali per la trasformazione del prodotto agricolo. Furono realizzati : un oleificio, una distilleria , una fornace per la fabbricazione dei mattoni.
L'Oleificio copriva un'area di 1600 mq ed era provvisto di macchinari modernissimi. Nel 1925 aveva una capacità di produzione di 600 chilogrammi all'ora di semi oleosi quali il cotone, il ricino, il sesamo il girasole etc..
Nel 1926, fu costituita una consociata della S.A.I.S. : la Società Saccarifera Somala (S.S.S.). Questa nuova società, con un capitale di 3.200.000 e sotto la presidenza del Duca degli Abruzzi, dette vita ad uno zuccherificio per la trasformazione della canna da zucchero, costruito appena in un anno.
Un grandioso stabilimento, l'unico in tutta l'Africa Orientale, provvisto di moderni macchinari ed in grado di lavorare circa 3000 quintali di canna da zucchero al giorno.. Accanto allo zuccherificio una distilleria ed un laboratorio chimico per le analisi della canna e per il controllo dei prodotti durante la fase di lavorazione. L'alimentazione dei macchinari principali era assicurata dalla combustione dei gas naturali ricavati dalla fermentazione degli scarti della canna da zucchero e dei cereali lavorati.
Nulla fu lasciato al caso, nemmeno nel settore forestale. I diboscamenti necessari per ricavare terreno coltivabile non furono attuati "a tappeto", ma mirati e contenuti all'essenziale. In questo quadro furono realizzati anche parziali rimboschimenti, piantando lungo i canali migliaia di alberi di essenza, come acacie, bambù, tamarindi e gelsi.
Un esempio che, forse, ancorché adeguato ai tempi moderni, dovrebbe ornire spunti di meditazione.
IL DUCA DEGLI ABRUZZI
Tutto fu assolutamente voluto dal Duca degli Abruzzi che in Somalia, a Johar elesse la sua dimora e che a Johar volle morire ed essere sepolto insieme ai fratelli somali come ancora si sentono e si definiscono gli abitanti di quella regione dell'Uebi Scebeli.
Chi fosse il Duca è necessario precisarlo per evitare che si pensi ad un nobile spinto da desiderio di egemonia espansionistica e coloniale e che, invece, potrebbe essere definito un "esempio moderno di Capacity Building" a favore dei Paesi del Terzo Mondo.
LA SOMALIA MODERNA
L'ONU nel 1950 ha affidato la SOMALIA in amministrazione fiduciaria all'Italia. Dopo dieci anni, nel 1960, con la nascita della Repubblica Somala cominciano a sorgere nel Paese le prime a aspirazioni espansionistiche che tendevano a costituire una Grande Somalia con rivendicazioni territoriali nei confronti del Kenia, della Somalia francese e soprattutto dell'Etiopia.
Il processo, in una terra dove ancora vivi erano gli interessi tribali , iniziò a favorire un fermento politico che, ben presto, compromise la stabilità del Governo Istituzionale portando ad una sanguinosa guerra civile che per taluni aspetti ancora dura ed alla distruzione di uno Stato sovrano.
Nel 1969 si creò l'occasione favorevole per un colpo di Stato che nel 1969 portò al potere il Generale Muhammad Ziad Barre, il quale dopo uccissione il Presidente Shermarke, si insediò al posto del Governo istituzionale. Nel 1970 Ziad Barre ufficializzò una Giunta Socialista con poteri pressoché illimitati che dette inizio a quella che i somali ricordano come una delle dittature più feroci. L'operato politico di Barre fu , nel tempo e con forme diverse, appoggiato e favorito da tutti i Governi socialisti occidentali, fra cui l'Italia
Il 26 gennaio 1991 Ziad Barre veniva definitivamente estromesso, fuggiva in Kenia, in un momento in cui il mondo occidentale occupato a fronteggiare Saddam Hussein non poteva occuparsi di ciò che sta avvenendo nel Corno d'Africa.
In Somalia da quel giorno ebbe inizio il caos. L'alba del giorno più lungo che in soli 24 mesi cancellò le vestigia antiche e recenti di una Nazione africana della Costa Orientale, culla, in passato, delle culture islamiche ed occidentali.
Ref: http://xoomer.alice.it/fernandotermentini/somalia.htm